Welcome to Boston

Non è un mistero, le potenzialità del photoshop sono davvero elevate! Se a questo aggiungi un pò di fretta (cattiva consigliera), il gioco è fatto!

Al mio arrivo la città mi riservò subito una spiacevole sorpresa: un ostello orrendo, stracolmo di polvere e bed bugs, per niente sicuro…passai la prima settimana in bianco, temendo di essere derubata durante la notte (le probabilità erano altissime)…lo ribattezzai Bettola Palace.

Era un viavai continuo di ragazzi provenienti da varie parti del mondo e la cosa per me sconvolgente era notare quanto gli altri, al contrario, si trovassero a proprio agio tra acari e moquette sudicia.

Quel periodo della mia vita si chiamò ADATTARMI.

“questa settimana passerà in fretta” mi dicevo…e stupidamente ci credevo anche!

Come dicono i saggi, non sempre il male vien per nuocere ed hanno ragione! Sì, perchè proprio lì avvenne l’incontro con una persona che ricordo con molto affetto: una fotoreporter di NYC che di fronte al mio disorientamento (dovuto sia al jet lag che all’arrivo nel Nuovo Mondo), seppe accogliermi ed aiutarmi.

Dopo circa dieci minuti di conversazione mi parlò della sua malattia, con una serenità che mi spiazzò. Ascoltavo con meraviglia i suoi racconti di viaggi fatti in giro per il mondo insieme alla sua macchina fotografica, nei suoi occhi una luce e una voglia di vivere pazzesca!

Si mise subito all’opera. Mi accompagnò dall’altra parte della città, dove avrei dovuto cominciare a lavorare il giorno seguente. Era sfinita, ci fermammo alla South Station (luogo di cui vi parlerò nel prossimo post), le offrii un succo alla fragola, il suo preferito.

Prima di prendere il treno che l’avrebbe riportata a casa mi scattò una foto, mi abbracciò e andò via senza lasciarmi alcun contatto. Fece molto di più per me, mi regalò la sua city map, quella della metro e il suo abbonamento settimanale.

Era domenica, ero arrivata da meno di 24 ore, vivevo in periferia, non conoscevo la città…il suo fu un benvenuto indimenticabile!